martedì 25 giugno 2013

RECENSIONE SU TEATRO.ORG

IL VENDITORE DI ATTIMI
All'origine de Il venditore di attimi c'è l'omonimo romanzo di Accursio Soldano, pubblicato nel 2012 per i tipi della Graphofeel, casa editrice romana che ha all'attivo romanzi, biografie e saggi di argomento storico.

Giornalista, siciliano di Sciacca,  Soldano nel suo romanzo racconta dell'incontro tra un suicida e un uomo misterioso e senza nome (lo verremo a sapere solo alla fine e sarà  una chiara citazione letteraria) che lo
intrattiene suo malgrado raccontandogli le vicende di alcune delle persone che dice di avere conosciuto durante i suoi viaggi, in realtà personaggi di trame di romanzi celebri.

Sodano con una scrittura curiosa, divertente e divertita,  partendo dalla convinzione, discutibile e paternalistica, che il suicidio sia una fuga e una rinuncia alla vita, compone un inno alla lettura e alla vita (compresa quella familiare, con particolare attenzione per i rapporti genitori figli) tramite  un regesto di personaggi letterari dalla fine tragica grazie ai quali il protagonista del suo romanzo riesce a far desistere l'aspirante suicida dal suo intento.

Il romanzo non è passato inosservato all'attrice e regista Mariella Gravinese, che ha deciso di trarne un
adattamento teatrale per la compagnia pesarese La nuvola, presentandola in prima nazionale al Fringe. 

Oltre a firmare la regia Gravinese interpreta il personaggio maschile misterioso che racconta le storie dei suoi amici al giovane padre di famiglia aspirante suicida, mitigando così la misoginia che, in tralice, percorre l'intero romanzo, nel quale si leggono perle come:
"Già non sopportava tutti questi predicatori in giro per la città figuriamoci se poi a farlo fosse una donna" (p. 55).
"Le donne, si sa, sono diffidenti e cominciano a fare domande. Che ci facevi in spiaggia? Mica è estate! E che ci facevi in spiaggia con un uomo? Non sarai mica diventato frocio?" (p.57).
Nell'adattamento di Gravinese rimane ben poco delle considerazioni fatte dall'io narrante del romanzo (esterno ai due personaggi) mentre le trame di romanzi sono ridotte all'essenziale,  togliendo in qualche caso un po' di prevedibilità e qualche naivetè all'originale (certe citazioni troppo scolastiche come il cartesiano cogito ergo sum, completamente fuori contesto) ma a volte anche spessore a certe riflessioni o
all'eleganza dell'impianto citazionale del romanzo.

Gravinese trova comunque una misura felice non solo nell'opera di selezione e di riduzione del testo letterario ma anche nell'allestimento teatrale potendo contare sulla propria notevole presenza scenica e su una recitazione calibratissima che sa farsi astratta quando serve e naturalistica in alcuni momenti indovinati.
Meno immediati e riusciti i personaggi interpretati da Demian Aprea e Roberto Siepi, che risentono soprattutto di una certa impacciataggine nel loro stare sul palco, caratteristica che, seguendo una buona intuizione, Gravinese non cerca di eliminare quanto di sfruttare, chiedendo a entrambi una serie di movimenti scenici e di esitazioni del personaggio con l'intento di far diventare quel loro limite cifra stilistica, riuscendoci però solo in parte.

Rimane il dubbio sul senso generale di questa riduzione che,  nonostante le scene d'apertura e di chiusura senza dialoghi, ha nella parola l'unico motore narrativo e non prova a sfruttare mai davvero le capacità visive del teatro tanto che una persona non vedente avrebbe potuto agevolmente seguire la storia raccontata senza mancare di nessuna informazione.
Una scelta dettata probabilmente anche dal senso di rispetto e di omaggio per il  testo letterario dal quale lo spettacolo è tratto, trad(uc)endo l'origine letteraria con un orizzonte naturalistico, dai rumori del mare alla birra bevuta al bar - e sulla scena si beve del cinematografico te -, che al romanzo manca.
Alessandro Paesano

Nessun commento: