mercoledì 20 giugno 2018

CHI VINCERA' LA PROSSIMA EDIZIONE DEL PREMIO TOMASI DI LAMPEDUSA?


Calato il sipario sul Letterando in fest che possiamo archiviare con un giudizio estremamente positivo per numero di presenze, per la qualità dei libri presentati e degli autori, i libri adesso fanno bella mostra nelle librerie pronti per essere letti sotto l’ombrellone.

A Santa Margherita Belice c’è attesa per il vincitore del Premio Tomasi di Lampedusa. Qui il discorso si fa un po’ più serio perché il vincitore viene scelto da una giuria qualificata e perché, considerati i nomi che hanno vinto le edizioni passate, siamo sicuri che anche quest’anno sarà uno scrittore di fama internazionale. Proviamo a fare una previsione. 
Negli ultimi 5 anni hanno vinto il premio uno scrittore peruviano naturalizzato spagnolo, poi uno spagnolo, nel 2015 una scrittrice svizzera, poi uno scrittore francese e lo scorso anno Orhan Pamuk. 
Considerata la predilezione della giuria per i bei libri rilegati della Einaudi, per gli scrittori europei (dopo un inizio globale) e in particolar modo per gli scrittori latini, azzardiamo una rosa di papabili vincitori di quest’anno.
Se dovesse vincere uno scrittore che pubblica per Einaudi, ed è successo 9 volte su 14, noi azzardiamo il francese François Bégaudeau col suo romanzo “La ferita, quella vera”, se invece la giuria continua nella predilezione di uno scrittore latino e magari spagnolo, o di lingua spagnola, si potrebbe optare per “Patria” dello spagnolo Fernando Aramburu, che non pubblica per la Einaudi e non è tanto famoso in Italia però di lui ne parla bene (nella copertina del suo libro) Mario Vargas Llosa, vincitore del premio Tomasi Lampedusa nel 2013. E questo è, indubbiamente, un punto a suo favore. 
In ultima ipotesi, eliminati in blocco gli scrittori italiani e considerato che non è mai stato premiato nessun autore di lingua inglese, azzardiamo Ian McEwan con il suo romanzo “Nel guscio”.
Insomma, ci siamo divertiti a fare le previsioni con Begaudeau, Aramburu e Mc Ewan ma potevano citare tanti altri nomi, quindi non scommettete, potreste perdere. E magari alla fine vince uno scrittore italiano che non si aggiudica il premio dal 2011.



lunedì 18 giugno 2018

I LIBRI PIU' VENDUTI AL LETTERANDO E IL LETTORE DA FESTIVAL


  Facendo un breve riassunto, i primi tre libri più venduti al Letterando in fest 2018 sono stati “L'amante silenzioso” di Clara Sanchez, a seguire “Uomini senza cappotto” dell'ex sindaco Enzo Lotà ed al terzo posto la plaquette di Luciano Accomando dal titolo “Agata e Calcedonio”.
Perché i più venduti siano stati questi tre libri è facile da immaginare. 
La Sanchez vende a prescindere. La brava scrittrice spagnola presenta il suo ultimo romanzo a Sciacca nell'ambito di una manifestazione letteraria ed è normale che una folla di lettori, e anche chi non aveva mai letto niente di lei paghi 18 euro e 90 centesimi e si metta in fila per farsi fare un autografo dalla scrittrice straniera. Se poi ci scappa una foto, ancora meglio.
Poi magari il libro non lo leggerà mai, ma intanto ha l'autografo.
Al secondo posto il libro di Vincenzo Lotà
Quì il discorso più che letterario è istituzionale, insomma, il libro non si compra perché l'autore è un famoso scrittore, ma un ex sindaco molto conosciuto nel territorio. E come capita sempre in questi casi, non è bello farsi vedere alla presentazione senza il libro in mano anche se costa ben 17 euro. Poi magari si scoprirà che il libro di Lotà è un capolavoro (io credo che abbia tutti i requisiti per poter scrivere bene) e che un buon lettore l'avrebbe comprato a prescindere, ma al momento non ci è dato saperlo.
Ai posteri l'ardua sentenza.
Al terzo posto si piazza “Agata e Calcedonio” di Luciano Accomando che sfrutta tre fattori: il costo limitato della plaquette (solo 7 euro), il buon successo del precedente libro di Accomando pubblicato dalla casa editrice palermitana Leima e una bella presentazione che ha invogliato l'uditorio a comprare il racconto.
 Questa variegata classifica dimostra chiaramente che oltre al "lettore medio" esiste anche il "lettore da festival". La differenza fra i due è che quest'ultimo non lo vedrai mai dentro una libreria a comprare un nuovo libro e per rincontrarlo con un libro sottobraccio, sorridente per aver ottenuto la firma dello scrittore, dovrai aspettare il prossimo festival letterario.

lunedì 11 giugno 2018

UN FERMENTO CULTURALE TROPPO FERMENTATO


Nelle fiere, nelle manifestazioni e negli appuntamenti seriali, in alcuni casi si mettono in risalto i libri, in altri casi gli autori, in molte occasioni, nessuno dei due. E questo vale per tutte le manifestazioni di questo tipo. Soprattutto per quelle che durano settimane intere al solo scopo di fare "numero".

Ci sono momenti in cui le sale sono piene perché c’è lo scrittore famoso che presenta il suo libro che fino a quel momento ha letto solo il relatore. Questo perché (così dicono) avendo saputo in anticipo che sarebbe venuto di persona è meglio comprare il libro sul posto così ci scappa l’autografo con dedica e magari anche una foto ricordo. Capita anche che le sale siano piene perché lo scrittore “territoriale” ha tormentato per settimane intere amici e parenti tramite tutti i mezzi social conosciuti e ancora da inventare. A volte persino con velate minacce del tipo “Ti aspetto!” con un punto esclamativo che non lascia scampo. 
Riempire la sala è imperativo categorico per dimostrare di essere scrittore ben seguito non solo sui social! Se l’indomani nessuno si ricorderà di lui, se il libro non si troverà in nessuna libreria fa niente, i quindici minuti di notorietà li ha avuti.

E poi ci sono sempre i "gruppi social" su facebook di scrittori esordienti o emergenti che non emergono mai, dove pubblicare la copertina del proprio libro.

Poi ci sono quelli che scrivono perché non hanno niente di meglio da fare e siccome sono riusciti a riempire settanta pagine di seguito hanno eletto lo scritto a capolavoro da pubblicare ad ogni costo. E lo presentano, perché se hai scritto un libro e non lo presenti a nessuno, a che serve? Sono i cosiddetti scrittori accidentali.

Ma capita anche che (come dicevo prima) ci sia un sovraffollamento di scrittori e la gente, malgrado le minacce non sappia dove andare. 

Prendiamo Sciacca. Fatti i conti (approssimativamente per difetto) negli ultimi anni (fra romanzi, poesie e saggi) hanno pubblicato almeno un libro ben 34 (trentaquattro) scrittori diversi. Insomma ci sono più scrittori che medici all’ospedale. Questa situazione, in gergo, si chiama "fermento culturale". 
E vale anche per i paesi vicini.

E poi capita, a volte che, in mezzo a questa folla di intellettuali, scrittori, poeti, saggisti, alla presentazione di un libro che meriterebbe l’attenzione del pubblico ci siano poche persone, una decina al massimo. 

Questo accade in due occasioni. Quando l’autore non è territoriale e quando non è famoso. In questi due casi se ne ritornerà mestamente a casa col suo pacco di libri invenduti perché (in molti casi) non ha un editore che lo supporta adeguatamente e non fa parte del fermento culturale del territorio.
Insomma, fermentato malamente. 

A loro va la mia ammirazione e solidarietà. E allora, mi raccomando, seguite gli scrittori meritevoli di incoraggiamento, supportateli. 
Per gli altri le sale si riempiono a prescindere.