Ancora un attacco agli sprechi del terremoto nel belice. Stavolta, dopo la Repubblica e lo scorso anno Il corriere della sera, a puntare l'indice è stato un reportage pubblicato sul quotidiano “Il giornale”. Tre pagine, con tanto di titolo in copertina che recita: “Ecco dove buttano i nostri soldi” firmato dal vice direttore Nicola Porro. E all'interno due pagine, con foto in bianco e nero di un vecchio su un asino e il titolo “Il terremoto che ci svuota le tasche” firmato da Gian Maria De Francesco
Per la ricostruzione del terremoto del Belice del gennaio 1968 , si legge nell'articolo, lo Stato italiano nel corso degli undici anni successivi aveva speso 900 miliardi delle vecchie lire che rivalutate in euro attuali ammonterebbero a circa 5,8 miliardi. Un intervento talmente massiccio che a ventiquattro anni di distanza nel gennaio 1992 circa 1.500 famiglie vivevano ancora nelle baraccopoli. E oggi?
Ogni anno il Tesoro si fa carico per oltre 10 milioni di euro dell’estinzione dei mutui relativi al sisma che colpì le province di Agrigento, Palermo e Trapani. Altri 2,5 milioni arrivano invece dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il giornalista poi si permette di fare l'ironico e scrive che, siccome 43 anni sono un periodo troppo breve per completare un’opera di ricostruzione vi sono specifici stanziamenti in bilancio: due milioni per il completamento degli interventi e 507.026 euro per le opere di urbanizzazione primaria. Insomma, 25 miliardi delle vecchie lire per un evento così remoto. Le nostre tasse, scrive il giornalista, servono anche a questo.
2 commenti:
Porro è un servo, ma in questo caso non ha torto. La nostra classe dirigente rapace sa fare politica solo così: opere pubbliche e ricostruzione (su cui magari fare la cresta, come le serve), con un bel risultato: in tutti i paesi del Belice ci sono più case che persone per abitarle, ed il valore di questi immobili è inferiore al loro costo di costruzione. Un fiume di denaro buttato, che avrebbe potuto essere impiegato più proficuamente nel rilancio economico di quelle zone, ma questo avrebbe affrancato queste zone dalla dipendenza dai politici di turno, chiudendo il rubinetto dei consensi a questi lestofanti, quindi, meglio così (per loro)
Chi mi inimico?
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