"Beato il Paese che
non ha bisogno di eroi", scriveva Berthold Brecht, ma tutt'altro
che beato è un Paese che i suoi eroi li ha e li dimentica. Uno di
questi è Giuseppe Bellanca, un nome che praticamente nessuno in
Italia conosce ma che negli Stati Uniti è venerato per essere stato
uno dei padri dell'aviazione civile. Ingegnere visionario, nel 1911,
a 25 anni, lasciò il nostro Paese per gli States (anche allora
c'erano le "fughe di cervelli"...) dove fondò una scuola
di volo e fino al 1960, anno della sua morte, continuò a progettare
aerei su aerei. Finalmente è uscito un libro, "Giuseppe Mario
Bellanca e i pionieri sulle macchine volanti" (Epsylon editrice,
14 euro) che rende parziale giustizia a questa dimenticanza tutta
italiana. Tgcom24 ha intervistato l'autore del volume, Accursio
Soldano.
Chi era Giuseppe Bellanca?
Perché la sua figura è da ricordare?
Perché è uno dei maggiori scienziati che l’Italia abbia generato. Quello che Giuseppe Bellanca ha fatto nel campo dell’aviazione è paragonabile a quello che altri grandi, come Volta o Pacinotti, hanno fatto nei loro campi di competenza. Ha stravolto il modo di costruire aerei passando dalla formula biplana al monoplano, ha cambiato l’impostazione del motore, ha costruito aerei capaci di battere qualsiasi record fino a quel momento inimmaginabili, compresa la trasvolata sull’Oceano Atlantico. E’ stato un pioniere dell’aviazione e nel corso della sua vita ha sempre cercato nuove soluzioni. Praticamente, quando oggi saliamo su un aereo di linea, la maggior parte delle invenzioni che lo rendono sicuro sono uscite dalla Bellanca Aircraft
Perché è uno dei maggiori scienziati che l’Italia abbia generato. Quello che Giuseppe Bellanca ha fatto nel campo dell’aviazione è paragonabile a quello che altri grandi, come Volta o Pacinotti, hanno fatto nei loro campi di competenza. Ha stravolto il modo di costruire aerei passando dalla formula biplana al monoplano, ha cambiato l’impostazione del motore, ha costruito aerei capaci di battere qualsiasi record fino a quel momento inimmaginabili, compresa la trasvolata sull’Oceano Atlantico. E’ stato un pioniere dell’aviazione e nel corso della sua vita ha sempre cercato nuove soluzioni. Praticamente, quando oggi saliamo su un aereo di linea, la maggior parte delle invenzioni che lo rendono sicuro sono uscite dalla Bellanca Aircraft
Siciliano di nascita, studi a Milano, a un certo punto va negli Stati Uniti. Come mai?
Perché in Italia non
c’erano le condizioni, sia economiche che sociali, per poter
portare avanti i suoi progetti. Basti pensare che il primo aereo che
Bellanca costruì assieme a due suoi amici, anche loro studenti al
Politecnico di Milano, era in canne di bambù e l’hangar era una
vecchia stalla. Il secondo progetto invece non vide mai la luce
perché non furono trovati i soldi necessari per comprare un motore.
E allora, considerato che in America c’erano già due suoi fratelli
e che le condizioni di vita e di opportunità erano completamente
diverse, decise di emigrare.
La sua figura viene associata a quella di Lindbergh, come mai?
La sua figura viene associata a quella di Lindbergh, come mai?
Beh, fu lo stesso
Lindbergh a dire: “Se posso avere un Bellanca volerò da solo” e
fu lui che si recò in fabbrica per comprare il famoso WB2 che aveva
battuto tutti i record di persistenza in volo. Lindbergh sapeva
benissimo che con un aereo costruito nelle fabbriche Bellanca si
poteva volare sopra l’Oceano, senza scalo, da New York a Parigi, ma
il socio di Bellanca, Charles Levine, si rifiutò di venderglielo. Il
resto è storia. Ma quello che mi preme sottolineare e che in pochi
sanno è che il giorno in cui l’aereo di Lindbergh partì per la
storica traversata dell’Oceano, sul campo di volo c’erano tre
aerei e quello di Bellanca, con a bordo il pilota Charles Chamberlin,
era sicuramente il più veloce ed il più sicuro. Solo che, a seguito
di una denuncia, l’aereo fu posto sotto sequestro. Oggi tutti
giustamente ricordano Lindbergh, ma se non ci fossero state beghe
legali, che spiego nel libro, avremmo un’altra storia.
Nella New York di quegli anni strinse amicizia con Fiorello la Guardia, che diventerà sindaco della Grande Mela. Come si conobbero i due?
Nella New York di quegli anni strinse amicizia con Fiorello la Guardia, che diventerà sindaco della Grande Mela. Come si conobbero i due?
Come si conoscono due
emigrati che hanno voglia di fare qualcosa per cambiare la loro
condizione sociale. Spinto dalla sua passione per il volo, quando
Bellanca si trasferì in America cominciò a costruire il suo nuovo
aeroplano grazie ad un finanziamento che gli accordarono alcuni
membri della comunità italiana. Il maggior finanziatore di quel
progetto fu un ristoratore italiano, insieme ai suoi cuochi e ad
alcuni camerieri. Fu stipulato un regolare contratto sottoscritto
dalle parti e redatto da un giovane avvocato di nome Fiorello La
Guardia. Poi, in cambio di lezioni di volo, La Guardia insegnò a
Bellanca a guidare l’automobile.
Gli Stati Uniti hanno addirittura dedicato una copertina del "Time" a Bellanca. Com'è ricordato al di là dell'Oceano?
Gli Stati Uniti hanno addirittura dedicato una copertina del "Time" a Bellanca. Com'è ricordato al di là dell'Oceano?
Se dovessi elencare tutto
ci vorrebbero pagine intere. La vecchia fabbrica di Bellanca è stata
restaurata, ci sono associazioni, tipo “Friends of Bellanca”
che lo ricordano, lo Smithsonian Museum di Washington ha tre sale
espositive dedicate a lui, in Giappone c’è un monumento che
ricorda la prima trasvolata dell’Oceano Pacifico compiuta da un
aereo della Bellanca aircraft, stessa cosa in Lituania. A Bellanca
sono dedicate strade in quasi tutti gli Stati Uniti. Per gli
americani è un genio, inserito nel 1993 nella Hall of fame
dell’aviazione mondiale.
E qui in Italia? C'è
qualcuno che si ricorda di lui?
A primo acchito direi
pochi. Sicuramente gli addetti ai lavori, le scuole di volo, le
università, ma non essendo una rockstar ed essendo passati più di
50 anni dalla sua morte il ricordo comincia a svanire. E poi, a parte
il fatto che neppure quando era in vita Bellanca sapeva pubblicizzare
bene il suo lavoro, ricordiamoci che era un costruttore di aerei, e
solitamente, quando si compiva un’impresa aviatoria, la fama e i
titoli dei giornali andavano soprattutto ai piloti. Però posso dire
che uno dei motivi che mi ha spinto a iniziare la ricerca su Bellanca
è stato un articolo di una paginetta pubblicato nel giornale “Giro
campo” pubblicato dall’aero club Brescia a firma di Pierre
Verzelletti. Leggendo quell’articolo ho capito che stavo
cominciando a scoprire qualcosa di importante: un genio
dell’aviazione mondiale.
Ci parli un po' del libro.
Com'è nata e come si è sviluppata l'idea? Che materiali ha
consultato per la stesura?
L’idea è nata da un mio
amico e lontano parente di Bellanca. Avevo scritto un libro sulla
storia dei sindaci di Sciacca (città dove è nato Bellanca, ndr) e
Filippo Bellanca mi propose di scriverne uno su quel suo lontano
parente. All’inizio non avevo idea da dove cominciare e cosa avrei
trovato. Le solite iniziali ricerche su Google, qualche articolo su
quotidiani italiani e poi un abbonamento a tutti i quotidiani
americani per avere accesso alle edizioni dei primi del 900, contatti
con lo Smithsonian che mi inviò del materiale, ricerche in
biblioteche e vecchi libri americani dedicati proprio a Bellanca, e
contatti con le associazioni americane che ricordano Bellanca e con
alcuni suoi parenti. La cosa che mi è dispiaciuta, se posso dirlo, è
che mentre ho trovato piena collaborazione in alcuni parenti di
Bellanca che abitano a Sciacca e a Palermo, da altri, a cui ho
chiesto notizie e foto, ho ricevuto solo dinieghi. E non ho ne mai
capito il motivo. Comunque, mi accorgevo che più andavo avanti più
quel Bellanca era una continua scoperta. I suoi piloti e quelli che
avevano pilotato i suoi aerei erano americani, peruviani, lituani,
italiani, tedeschi e per ogni volo c’era una storia da raccontare.
E’ stata una ricerca entusiasmante e commovente. Lo ammetto, mi
sono commosso quando ho incrociato la storia di Francesco De Pinedo.
Alla fine del libro c'è
anche una perizia grafologica su alcuni scritti di Bellanca. Cosa
emerge?
Emerge la figura di un
uomo intelligente, concreto, di uno che non amava le teorie astratte
o le situazioni poco chiare. Bellanca era risoluto, decideva
l’obiettivo e organizzava l’azione cercando di risolvere
immediatamente i problemi pratici. Come ebbe a dire Elinor Smith, il
suo capo collaudatore: Bellanca è uno che ride, si diverte, e a
tavola è spassosissimo, ma quando siamo al lavoro cambia
completamente, diventa preciso e se necessario burbero.
http://www.tgcom24.mediaset.it/cultura/2013/notizia/un-libro-per-giuseppe-bellanca-pioniere-dimenticato-delle-prime-macchine-volanti-_2017620.shtml
http://www.tgcom24.mediaset.it/cultura/2013/notizia/un-libro-per-giuseppe-bellanca-pioniere-dimenticato-delle-prime-macchine-volanti-_2017620.shtml
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