Se navigando per il mediterraneo, lungo le coste della Sicilia, vi imbatterete in una forma strana di pesce, non preoccupatevi, potrebbero essere i figli di Cola e di una Ninfa. Perché, gli uomini pesce esistono veramente e già nel 1726, uno studio ne accertava l’esistenza.
In verità le leggende che riguardano la Sicilia sono molte. Secondo il poeta Pindaro (Pitiche, I, versi 13-28), come già Eschilo (Prometeo incatenato, versi. 351-372), il gigante Tifeo giaceva sotto l'intera regione compresa tra l'Etna e Cuma, collegando in questo modo i fenomeni vulcanici campani con quelli della Sicilia.
La leggenda dice che la Sicilia è sorretta da questo gigante, che osò lottare contro Zeus e impadronirsi della sede del cielo. E per questo motivo venne condannato a questo supplizio. Sopra la sua mano destra stava Peloro (Messina), sopra la sinistra Pachino, e mentre Lilibeo gli comprimeva le gambe, sopra la testa era posato l'Etna. Le eruzioni del vulcano, secondo la leggenda, erano dovute alla rabbia di Tifeo che dal fondo del mare proiettava sabbia e vomitava fiamme dalla bocca. Spesso si sforzava di smuovere il peso e di scrollarsi di dosso le città e le grandi montagne: allora la terra tremava. Il mito di Tifeo, venne citato e sfatato, addirittura da Dante Alighieri che lo inserì nella sua Divina Commedia in una quartina nell'ottavo canto del Paradiso.
Ma a sfatare ancor di più questa leggenda, arrivò un frate spagnolo, Benito Jeronimo Feijo che rivisitando le leggende siciliane scrisse un'opera in nove volumi pubblicati dal 1726 al 1740 e arrivò a sostenere l'esistenza degli uomini-pesci. Questi, in linea di principio, secondo le teorie del monaco, sono veri e propri esseri umani che un bel giorno hanno risposto alla chiamata delle acque.
Nel sesto volume del suo “Teatro Critico Universal”, pubblicato nel 1726, il frate abbonda in dettagli e addirittura svela i nomi di coloro che in qualche modo gli hanno fatto perdere quel carattere di scetticità che lo accompagnava, fino ad ammettere la possibilità dell'esistenza degli uomini pesce. Al punto che, per giustificare la leggenda di Francisco de La Vega, l’uomo-pesce di Lierganes, il frate porta come esempio, la storia di Cola Pesce.
La leggenda racconta che, Cola passava più tempo in mare che sulla terra ferma. Conosceva le ninfe e seguiva le sirene. Per questo motivo, i messinesi lo chiamarono Cola Pesce. Federico II, avendo ricevuto notizie delle strabilianti imprese di questo ragazzo, lo volle mettere alla prova promettendogli grandi doni e la mano della principessa se avesse superato tre prove. Il re, dal Palazzo Reale, gettò una prima volta, nel tratto di mare sottostante, un vaso d'oro e invitò Cola Pesce a ripescarlo. Il pescatore, dopo essersi tuffato, riaffiorò con in mano il vaso d'oro lanciato una prima e una seconda volta.
Al terzo tentativo, che era quello decisivo, Cola Pesce rimase in fondo al mare e non riapparve più in superficie. In realtà egli non era morto ma successe che, giunto in fondo al mare, si era accorto che una delle tre colonne, la colonna Peloro che, secondo la leggenda era sostenuta da Tifeo, si era incrinata e stava per spezzarsi con la conseguenza che Messina potesse sprofondare da un momento all'altro. Fu così che decise di rimanere in fondo al mare, per sostenere sulle sue spalle la colonna di Capo Pelòro.
Forte di questo racconto, e delle notizie apprese sul conto dell'uomo di Lierganes, fatti i dovuti riscontri con i testimoni oculari dell'epoca, il monaco spagnolo, lasciando da parte ogni inclinazione verso i dettami della dottrina della Chiesa, arrivò ad ammettere l'esistenza degli uomini pesce.
Secondo Feijoo, ad una naturale inclinazione verso il mare ed una speciale predisposizione per il nuoto, si aggiunge la pratica continuata, tanto dell'esercizio natatorio come della ritenzione della respirazione. Tutto questo porta a risultati sorprendenti, come quelli che riuscirono ad ottenere Francisco de la Vega e Cola Pesce. Che esistono veramente e vivono nelle profondità degli oceani.
In più, accertata la possibilità di esistenza di questi individui, secondo il monaco spagnolo risulta naturale che uomini e donne con queste abilità, avessero dato vita ad una razza di uomini-pesce.
Insomma, nel mediterraneo, ancora oggi ci si può imbattere in strani esseri, metà uomo e metà pesce. Niente di anormale: potrebbero essere i figli di Cola e di una Ninfa.
In verità le leggende che riguardano la Sicilia sono molte. Secondo il poeta Pindaro (Pitiche, I, versi 13-28), come già Eschilo (Prometeo incatenato, versi. 351-372), il gigante Tifeo giaceva sotto l'intera regione compresa tra l'Etna e Cuma, collegando in questo modo i fenomeni vulcanici campani con quelli della Sicilia.
La leggenda dice che la Sicilia è sorretta da questo gigante, che osò lottare contro Zeus e impadronirsi della sede del cielo. E per questo motivo venne condannato a questo supplizio. Sopra la sua mano destra stava Peloro (Messina), sopra la sinistra Pachino, e mentre Lilibeo gli comprimeva le gambe, sopra la testa era posato l'Etna. Le eruzioni del vulcano, secondo la leggenda, erano dovute alla rabbia di Tifeo che dal fondo del mare proiettava sabbia e vomitava fiamme dalla bocca. Spesso si sforzava di smuovere il peso e di scrollarsi di dosso le città e le grandi montagne: allora la terra tremava. Il mito di Tifeo, venne citato e sfatato, addirittura da Dante Alighieri che lo inserì nella sua Divina Commedia in una quartina nell'ottavo canto del Paradiso.
Ma a sfatare ancor di più questa leggenda, arrivò un frate spagnolo, Benito Jeronimo Feijo che rivisitando le leggende siciliane scrisse un'opera in nove volumi pubblicati dal 1726 al 1740 e arrivò a sostenere l'esistenza degli uomini-pesci. Questi, in linea di principio, secondo le teorie del monaco, sono veri e propri esseri umani che un bel giorno hanno risposto alla chiamata delle acque.
Nel sesto volume del suo “Teatro Critico Universal”, pubblicato nel 1726, il frate abbonda in dettagli e addirittura svela i nomi di coloro che in qualche modo gli hanno fatto perdere quel carattere di scetticità che lo accompagnava, fino ad ammettere la possibilità dell'esistenza degli uomini pesce. Al punto che, per giustificare la leggenda di Francisco de La Vega, l’uomo-pesce di Lierganes, il frate porta come esempio, la storia di Cola Pesce.
La leggenda racconta che, Cola passava più tempo in mare che sulla terra ferma. Conosceva le ninfe e seguiva le sirene. Per questo motivo, i messinesi lo chiamarono Cola Pesce. Federico II, avendo ricevuto notizie delle strabilianti imprese di questo ragazzo, lo volle mettere alla prova promettendogli grandi doni e la mano della principessa se avesse superato tre prove. Il re, dal Palazzo Reale, gettò una prima volta, nel tratto di mare sottostante, un vaso d'oro e invitò Cola Pesce a ripescarlo. Il pescatore, dopo essersi tuffato, riaffiorò con in mano il vaso d'oro lanciato una prima e una seconda volta.
Al terzo tentativo, che era quello decisivo, Cola Pesce rimase in fondo al mare e non riapparve più in superficie. In realtà egli non era morto ma successe che, giunto in fondo al mare, si era accorto che una delle tre colonne, la colonna Peloro che, secondo la leggenda era sostenuta da Tifeo, si era incrinata e stava per spezzarsi con la conseguenza che Messina potesse sprofondare da un momento all'altro. Fu così che decise di rimanere in fondo al mare, per sostenere sulle sue spalle la colonna di Capo Pelòro.
Forte di questo racconto, e delle notizie apprese sul conto dell'uomo di Lierganes, fatti i dovuti riscontri con i testimoni oculari dell'epoca, il monaco spagnolo, lasciando da parte ogni inclinazione verso i dettami della dottrina della Chiesa, arrivò ad ammettere l'esistenza degli uomini pesce.
Secondo Feijoo, ad una naturale inclinazione verso il mare ed una speciale predisposizione per il nuoto, si aggiunge la pratica continuata, tanto dell'esercizio natatorio come della ritenzione della respirazione. Tutto questo porta a risultati sorprendenti, come quelli che riuscirono ad ottenere Francisco de la Vega e Cola Pesce. Che esistono veramente e vivono nelle profondità degli oceani.
In più, accertata la possibilità di esistenza di questi individui, secondo il monaco spagnolo risulta naturale che uomini e donne con queste abilità, avessero dato vita ad una razza di uomini-pesce.
Insomma, nel mediterraneo, ancora oggi ci si può imbattere in strani esseri, metà uomo e metà pesce. Niente di anormale: potrebbero essere i figli di Cola e di una Ninfa.
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